Il carattere della SIMPAT

La SIMPAT, dunque, è “animata” dalla condivisione di quella filosofia, teoria e prassi che è stata l’impronta che Maria Teresa ha voluto dare alla sua Scuola e che  “sognava” che  i soci  portassero in sé una volta  ultimata la formazione di base.

Con tale “carattere” o stile dell’essere, Nando ed io ci siamo trovati in profonda sintonia, ciascuno nella propria diversità ben identificabile dai nostri primi allievi e soci, un ricorrente scherzo dei quali stava nell’assegnare a ciascuno dei tre un diverso Stato dell’Io: il Genitore a Nando, l’Adulto alla sottoscritta, il Bambino a Maria Teresa. Le nostre tre evidenti diversità, innestandosi su una comune sintonia filosofico-esistenziale, si completavano ed integravano, non senza sporadici, lievi conflitti, rapidamente risolti (questo lo posso ben dire in quanto presente nel backstage, tanto per “spazzare” il campo da ogni idealizzazione).

Dunque il “carattere” della SIMPAT, come riflesso di quello di Maria Teresa, che era il riflesso della sua storia.

Maria Teresa Romanini era stata per anni medico, pediatra, neuropsichiatria infantile, zia di numerosi nipoti visti molto da vicino, e … proprietaria di gatti, innumerevoli negli anni. E poiché era una persona curiosissima, oltre che formidabile osservatrice della vita in ogni sua forma e coloritura, ha portato anche nel suo lavoro di clinica e di studiosa questa visione ampia  che, conoscendo e comprendendo,  integra.

In particolare, l’essere stata per molti anni pediatra (e zia) le aveva consentito una posizione privilegiata di osservatrice de:

  • Lo sviluppo infantile nei primissimi giorni ed anni di vita
  • La relazione fra i bambini e loro genitori
  • Una visione “etologica” della normalità, che le consentiva di cogliere la “patologia” proprio a partire dalla conoscenza della fisiologia, di non confonderle e dunque anche di cogliere i segni della salute “dietro” la malattia.

Ciascuno di questi elementi ha improntato la sua visione teorica e il suo stile di intervento, che essa ha, con l’esempio e l’insegnamento, voluto trasmetterci e che segnano l’impronta della Scuola, e dunque, della Associazione.

Questi i punti “tipici” del suo stile:

  • la visione del copione, come fisiologica espressione del bisogno di strutturazione personale per l’altrettanto fisiologica metabolizzazione delle esperienze relazionali significative, che accompagna l’individuo umano per tutta la vita;
  • la sua visione delle differenze individuali come edizioni “normali” di differenti tipologie, che virano nella patologia allorché diventano percorsi rigidi, autolimitanti o distorcenti la naturale originalità personale. La sua “tratto-tipologia” aggiunge uno “spessore esistenziale”, personalistico, alla struttura di personalità, ed integra il complesso degli elementi bio-psico-sociali e nucleo esistenziale individuale;
  • la sua visione della terapia e dell’intervento psico-sociale come individuazione, valorizzazione ed alleanza con le aree “sane” della persona, facendo leva sui punti di forza di ciascuno. La diagnosi non è, quindi, solo diagnosi “medica”, del “deficit” ma, capovolgendo l’ottica figura-sfondo, uno sguardo che si allarga da ciò che più richiama l’attenzione perché dolente e/o sgradevole, a ciò che si può “cercare” e vedere in trasparenza: il potenziale esistente che ancora non ha trovato un suo codice di esistere nel mondo se non quello, “storto” come la famosa monetina di Berne, di un più o meno consapevole iperadattamento ad una strategia infelice;
  • l’umiltà di non dare nulla per scontato e verificare, verificare, verificare con sguardo limpido. La sua abitudine di confrontare quello che si sa, o si è convinti di sapere, con quello che poi si incontra nella concretezza della vita, sia vita privata che vita professionale;
  • accettare di essere “disturbati” dal fallimento e cambiare strada, chiedere consiglio, svuotarsi e tornare ad una posizione di apprendimento.

Considero preziose queste tipicità che la nostra “Maestra” ci ha consegnato e spero che, come suoi primi compagni di viaggio, siamo riusciti, almeno un poco, poiché non sempre si riesce, ad essere all’altezza delle proprie pur buone intenzioni, a trasmetterle, a nostra volta, agli Allievi della Scuola ed ai Colleghi soci della SIMPAT.

Silvia Attanasio Romanini